Le Vie della Memoria

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Monte

La vita da Cas al Toc, dal Toc a Cas

“Sul Toc d’inverno il sole non c’era. La gente era costretta a rientrare a Casso, perché lassù cominciava a nevicare. E di neve, ne veniva tanta. Ogni anno la stessa vita: da Cas al Toc, dal Toc a Cas. Come rondini”.

Da “Tra i Sas de Nelve e il Villot Nella città di Casso” di Maria De Lorenzi

Il Monte Toc, situato sulla sinistra orografica della Valle, si trova di fronte a Casso. Sulla piana del Toc la maggior parte delle famiglie di Casso aveva case e stalle che furono completamente distrutte la notte del 9 ottobre del 1963 quando un’enorme frana si staccò dal Toc. Prima del disastro, i cassani abitavano più a lungo sul Toc che a Casso, dove rientravano con il bestiame alla fine di ottobre. Qui infatti si trasferivano con la bella stagione per fare legna e fieno, ma anche per il pascolo di vacche, capre e pecore e la coltivazione di patate e fagioli. Sul Toc si faceva anche il formaggio ed erano attive quattro latterie. Non mancavano alberi da frutto tra cui i ciliegi, come racconta Romana De Lorenzi:

“Sul Toc avevamo le ciliegie, sai quelle di una volta, nere. Da mia mamma avevamo un albero che era molto grosso, bisognava stare in tre ad abbracciarlo. Quante ciliegie che faceva! Per andare su, aveva due cime. Non tutti erano capaci di saltare e allora non tutti andavano su perché la scala non arrivava fin lassù. Mi ricordo che la domenica venivano i ragazzi – quelli più forti – e andavano su con le secchie e tiravano giù le ciliegie. Al lunedì mia mamma invece che portarci formaggio o altro, ci portava un bel po’ di queste ciliegie nere e noi le mettevamo dentro la polenta, perché erano nere e buone”. 

Dal Toc a Casso, passando per il ponte Colomber, era un’ora di cammino. Severino Mazzucco riporta che si utilizzavano dei segnali bianchi per comunicare da una parte all’altra della valle. Quando c’era bisogno qualcuno raccoglieva sempre il segnale. Tutti i bambini, quando si trasferivano con le famiglie sul Toc, andavano a scuola a Casso. Ogni mattina partivano a piedi per attraversare la valle e tornare in paese prima del suono della campanella. Lo Stradon era il sentiero che attraversava il Toc, da Nelve fino a Ortighe che era l’ultima località cassana prima di Pineda

Al Monte Toc sono legati anche i ricordi della guerra, come racconta sempre Romana

“Me la ricordo tutta la guerra, me la ricordo benissimo. È stata brutto negli anni della guerra per noi, perché ci hanno cacciato via dal paese e siamo dovuti stare sul Toc. Sono rimaste quattro anziane. Mia nonna, che era inferma non si poteva muovere, e altre due tre donne anziane; nel paese non poteva stare nessuno. Tutti abbiamo dovuto andare sul Toc.  Con noi c’era una zia con tutta la famiglia perché lei non aveva la casa sul Toc, l’aveva via in Frasein, di là, e lì c’erano i partigiani. Non poteva stare, l’hanno cacciata via. I tedeschi erano lassù e i partigiani erano via in Frasein, sul colle, e la sera si sparavano. Ecco perché non si poteva stare in paese. A un certo punto i tedeschi han bruciato le case nel Toc. Siamo dovuti andare giù per le strade di una volta, era tanta strada. Il ponte del Colomber, quello alto, lo avevano fatto saltare. Allora bisognava andare via per un altro ponte piccolo. Lo chiamavano il ponte delle Rive. Avevano fatto saltare due ponti, uno anche fuori dalle gallerie”. 

Romana prosegue nel racconto di quel periodo, ricordando che la solidarietà in paese non era mai mancata. Infatti gli abitanti di Casso aiutarono lei e la sua famiglia a ricostruire la casa e la stalla distrutte dalla fiamme: 

“Allora nel paese erano tanto solidali, bisogna dire la verità. C’erano tre fratelli che abitavano più in là vicino dove c’era una postazione di tedeschi. Siccome davano anche da mangiare ai tedeschi quando non ne avevano, non gli hanno bruciato la casa a loro. Allora questi fratelli hanno detto “aiutiamo a farsi su la casa”. In un giorno è andato su tutto il Paese, tutti gli uomini del paese. Sono andati nel bosco di mia mamma hanno tagliato tutte le piante, hanno fatto su la stalla e il tetto con le lamiere. Hanno messo su un tetto e hanno fatto un po’ di solaio per mettere le mucche sotto. Hanno lavorato in due tre giorni per fare la stalla, e hanno coperto anche la casa. Dopo piano piano, una volta uno zio una volta l’altro, abbiamo cominciato a mettere dentro le mucche in primavera, e tutti portavano un po’ di fieno.  A ottobre ce l’hanno bruciata di nuovo, e a ottobre eravamo tutti là di nuovo. Insomma quando ci hanno bruciato di nuovo la casa siamo dovuti andar via tutti e siamo andati giù. Tanti a Codissago. Mi hanno portato via per la Dogna”. 

Per maggiori informazioni sul Monte Toc, vi invitiamo a visitare il sito dell’Ecomueso Vajont – Continuità di vita

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